Franco Ferretti (detto Gegè) della Cooperativa Valdorcia Costruzioni non ha mai fatto parte. Ma ancor oggi, superata la soglia degli ottanta, seppur un po’ burbero, ne è un fautore e facilitatore. “E’ la famiglia che non ho mai avuto – ci dice -. E’ l’esempio di uno spirito di collettività che, sì, è cambiato negli anni, ma lo vedo sempre legato a significati di un tempo che sono molto importanti per me”.

Franco a onor del vero si era pensionato già ai tempi della Unità, ossia la Cooperativa Operaia e Contadina di Lavoro e Unità, nata nell’immediato dopoguerra e risorsa di lavoro e crescita per svariati anni e per tutta San Quirico. “Per trent’anni aveva allargato il paese e dato da mangiare ai suoi abitanti, ma gli ultimi a dirigerla fecero tanti errori – racconta –, si sentirono onnipotenti e furono avventati con il risultato di avviare a una crisi senza scampo. Mi si presentò l’occasione di dare una mano al tentativo di salvataggio dopo la trasformazione in Delta, ma quel progetto di unirla a Chianciano, alla Montemaggio, alla Castelnuovese e alla Cmsa era di fatto osteggiato, la politica non si impegnava davvero e le banche avevano perso la fiducia. E anche moltissimi lavoratori non ci credettero fino in fondo e, avendo in mano la professionalità richiesta, trovarono occupazione altrove”.

Quello che Franco Ferretti descrive, avvenne negli anni ’90 e fu una crisi congiunturale. Finiva l’epoca delle mega imprese che avevano tutto e facevano tutto, che avevano tecnici, muratori, idraulici, lavorazioni in ferro, installatori e quant’altro ed iniziava il percorso delle imprese general contractor, che avevano cioè competenze tecniche e occupavano risorse del luogo laddove le commesse le portavano. E a San Quirico, paese lontano dai capoluoghi, la crisi mordeva anche di più. Ciò nonostante Franco, che cita spesso diversi compagni di un tempo, fece riunioni politiche, andò a Siena e Firenze, ascoltò e leticò fintanto che comprese che un’altra e diversa strada era da percorrere. I molti beni della mega impresa prossima al default, le commesse per Nottola e il nuovo lotto delle Scotte, le stesse professionalità, facevano gola a molti che non erano disposti ad affrontare gli impegni per i lavori a rimessa accettati e gli altri gravami per risanarla.

“Decisiva fu una riunione a San Quirico – ci dice Ferretti - con Spartaco e altri capi-cantiere. I concetti erano chiari e semplici. Riaffermarsi come cooperatori. Qualcuno aveva già provato a lavorare per i privati e sapeva chiaramente che differenza c’è nel poter gestire la propria azienda e i soldi dei ricavi. Fare qualcosa da lasciare ai nostri figlioli, una coop per chi ci avrebbe lavorato e che avesse mostrato la volontà di restare. Quando il mondo della cooperazione decise di facilitarci e la Montemaggio ci mise a disposizione un soggetto giuridico per gestire il tempo intermedio le cose si misero in moto e per me fu il momento di tornare a fare il pensionato. A parte un ultimo obbiettivo che mi costrinse a chiedere con il cappello in mano…”

Franco sapeva che doveva esser scelta una mente amministrativa e il suo istinto lo portò verso Claudio Carturani che a quei tempi stava a Dudda, piccola oasi bucolica ai margini di Firenze. Con il pullmino andarono a trovarlo ed ebbero difficoltà sia a svegliarlo, che convincerlo, che trovare le risorse economiche per assicurargli uno stipendio necessario a trasferirsi che alla fine anticipò l’associazione di Produzione e lavoro delle cooperative. Così nacque, vista "Gegè", la Valdorcia Costruzioni. Lui gli è rimasto sempre accanto, a volte ammirato, spesso incavolato, ma quando agli inizi mancarono i soldi, fu il primo a prender dal libretto di risparmio dieci milioni (di lire, specifica modesto) e a metterle dentro dove sono tuttora. Per la famiglia, per la Valdorcia, per l’ideale cooperativo.