Appena si varca la soglia della sede dell’Ombicciolo, fra le tante foto di opere realizzate, c’è una laurea Honoris Causa a Spartaco Zamperini, il Presidente. O meglio il primo presidente della Cooperativa Valdorcia Costruzioni, fondata nel 1996, rimasto in carica fino al suo pensionamento. La targa, un po’ scherzosa, testimonia la stima e la gratitudine che gli tributano ancor oggi i cooperatori della CVC, forse solo un po’ indispettiti dal passo di lato fatto da Spartaco all’indomani della sua messa a riposo.

Tradizionalmente schivo ai riconoscimenti, Spartaco, classe ’55, in un momento vede una vita fatta di scelte logiche, a volte costrette, sofferte e di sacrificio, di passi fatti sempre un centimetro in meno di quant’è lunga la gamba, di strette di mano che valevano una scelta irrinunciabile e di responsabilità. Il suo passo di lato è senz’altro atto di modestia. “Che volete? – ci chiede – Quando sono gli altri a decidere, è bene che lo facciano. E’ bene che abbiano piena consapevolezza. La Coop Valdorcia è un mio orgoglio, una porta aperta se non per i nostri figli, per chi ha vera voglia di lavorare. Per me è stato un percorso continuo, ventiquattrore al giorno, sette giorni alla settimana, polveri che non ti togli mai di dosso, la cooperativa spesso è venuta anche a letto con me; e ora è giusto che la famiglia assuma prevalenza”.

Spartaco, mani potenti, schiena ampia e solida, non è stato un trascinatore di folla, ma un grosso lavoratore dotato di tanto buon senso. Con un approccio alla vita ripetuto come un tormentone ai nuovi arrivati: la coop è di tutti, niente è tuo, ma una parte è anche tua. Il rispetto per gli altri è stato fondamentale e il premio è stata la fiducia che ha riscosso in tutta la sua presidenza. Così racconta l’inizio della CVC: “Eravamo a casa, senza lavoro. Parecchio più giovani e coi figli da mantenere. Fummo dapprima in cinque a entrare nella Valelsa, una società della Montemaggio che fece al caso nostro perché bisognava far presto per farsi affittare dalla curatela fallimentare la draga sull’Orcia”.

Fu fondamentale acquisire i diritti su quella draga per il recupero degli inerti a Sant’Angelo in Colle. “Era davvero come un negozio, quel che si recuperava, si vendeva e qualche soldo cominciò a circolare. Ma altro andava fatto. Avemmo paura, dubbi, le commesse di lavoro non c’erano, gli uffici neanche, se non per due stanzette datemi dal mi’ poro babbo. Ma fra tutto questo c’era la fiducia tra noi, un sentimento che ci sentivamo capaci di esprimere ad altri…”

Nacque così la vera Cooperativa Valdorcia Costruzioni, i soci salirono a quindici e poi cominciarono ad accettare anche i giovani. Le decisioni erano sempre collettive, la notoria capacità dei mastri capi-cantiere di San Quirico fu cercata dall’esterno. Montemaggio e Castelnuovese alla fine dettero una mano finché anche la CVC non entrò nella trattativa dell’Orsa Maggiore, la grande cooperativa di abitazione senese, strategica per partecipare alla costruzione delle case popolari. Un obbiettivo non scontato e solo frutto della consapevolezza esterna che alla Valdorcia c’era gente semplice, di parola ed efficace nel lavoro. Se il Carturani diceva una cosa era quella, se il Beligni faceva una valutazione era quella, se Spartaco assicurava un impegno era quello. La cooperativa l’avrebbe comunque seguito.

“Sì, davvero – dice Spartaco – eravamo gente semplice. Non arrivisti, ma lavoratori. Quand’ero capo-cantiere c’era chi diceva che ero anche troppo semplice, ma quello che contava era lo spirito comune di andare avanti insieme. Tutti erano uguali, se non era il merito a differenziare. E il rispetto che davo lo pretendevo e mai mi è stato mancato. Qualcuno avrà anche fatto qualche polemica, ma tutti mi seguivano e quello che dicevo loro vale anche per i giovani soci di oggi: se uno ci crede, la Valdorcia è l’azienda più bella in cui lavorare”.